Abitare in paese è strano.
Ad esempio mi capita di essere fermato per strada da persone che, ad oltre quattro anni dal fatto, mi porgono le condoglianze per mio padre (probabilmente gli somiglio più di quanto creda).
Stamane, un arzillo vecchietto, accompagnato da un cucciolone nero, trovando il portone aperto è entrato chiedendo se poteva dare un'occhiata al giardino, dove da piccolo aveva passato interi pomeriggi giocando con gli amici. E' bastato un piccolo incoraggiamento da parte mia (davero piccolo, purtroppo la chiacchiera non è uno dei miei punti forti) per farlo raccontare di com'era la via a quei tempi, chi ci abitava e cosa facevano per vivere (curioso il fatto di una famiglia chiamata "del turco" perchè aveva rilevato un bar che in precedenza era stato gestito, per l'appunto, da un turco; avevano un loro cognome, ma nessuno lo usava più, e probabilmente molti non lo conoscevano neanche).
Storie piccole, evanescenti, sullo sfondo degli anni seguiti alla seconda guerra mondiale. Famiglie grandi, con molti bambini che passavano il tempo giocando tra loro in strada, esplorando i dintorni e sfuggendo a cani aizzati da proprietari terrieri inferociti dalle loro scorrerie.
Storie comuni a tante fanciullezze della metà del secolo scorso, ma già diverse dalle mie, e ancora di più da quelle dei bambini di oggi, ed è triste che corrano il rischio di essere perse e dimenticate.
Se però queste storie vi piacciono, potete sempre andarvi a cercare lo spettacolo "La macchina del capo" di Marco Paolini, piccola macchina del tempo per ripercorrere situazioni, emozioni, esperienze e timori dei ragazzini degli anni passati.
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