domenica 27 dicembre 2009

Taglialegna

Sia chiaro: a differenza di quello che può sembrare, e magari anche di ciò che mi capita di dire, io non abbatto alberi perché devo procurarmi la legna per alimentare la stufa, ma è esattamente l'opposto: ho scelto di riscaldarmi in quel modo per avere una scusa valida per continuare a fare il taglialegna.

Non ho un'idea precisa e definitiva sul perché questa attività mi piaccia così tanto, solo una serie di indizi e di riflessioni.
In primo luogo l'attrazione per gli attrezzi adoperati: strumenti pericolosi e difficili da usare, da trattare con rispetto e negati ai bambini, hanno esercitato su di me tutto il fascino delle cose proibite. In particolare la motosega, probabilmente l'oggetto più letale che non sia propriamente un'arma, ha avuto per me una funzione quasi totemica, il permesso di padroneggiarla ha in un certo senso certificato il raggiungimento dell'età adulta.
L'attività in sè è poi un garbuglio di sensazioni. Il momento dell'abbattimento vero e proprio, per quanto ben ponderato, comporta sempre una certa apprensione, un lungo e trattenuto brivido di paura. Del resto si tratta comunque di qualche quintale di roba che dalla posizione verticale si porta in orizzontale, senza troppo riguardo per tutto quello che può incontrare lungo il suo cammino. La successiva sramatura è lavoro lungo e monotono, ma anche profondamente rilassante: fatta salva la quota di attenzione necessaria per evitare di farsi del male, è una cosa che può essere svolta anche pensando ad altro, e non è indispensabile compierla in un determinato ordine per arrivare alla fine, non è necessario affrontarla fin dal principio nella sua interezza, basta procedere, un ramo alla volta, e per quanto grande fosse l'albero alla fine sarà ridotto in pezzi maneggevoli.
Tutto questo è fisicamente impegnativo, anche in pieno inverno si arriva a sudare nonostante un abbigliamento leggero (di fatto la legna è un combustibile che riscalda più volte), ma a fine giornata il frutto della fatica è lì da vedere, fisicamente tangibile e misurabile, promessa di più rilassati tepori per l'inverno successivo e il fatto stesso di arrivare a sera avendo dato fondo alle proprie riserve di energia muscolare è fonte di una difficilmente spiegabile, ma estremamente intensa, soddisfazione.
Del resto, che questa sia un'attività che ha per me significati particolari è anche desumibile dalla precisione quasi maniacale con la quale costruisco le cataste di legna: la mia casa potrà essere il regno del più totale casino, ma la legnaia è sempre in perfetto ordine.

domenica 20 dicembre 2009

Aromatherapy

Tagliare alberi è un'attività molto ricca, dal punto di vista olfattivo.
L'alloro è intenso, l'olivo è aspro e amaro, la robinia sa di liquerizia, la quercia è muschiosa e il carpino è fresco e leggero.
La motosega puzza di olio e di gas di scarico, ma a me piace anche questo.

sabato 19 dicembre 2009

mercoledì 16 dicembre 2009

Light from below

Di solito si immagnano i circoli nautici come luoghi di lusso ed agi.
Sale grandi, rivestite di legno con decori in ottone, comode poltrone e, sulle pareti, carte nautiche e quadri con i nodi. Lì si ritrovano a chiacchierare, sorseggiando drink, famosi regatanti e navigatori oceanici, attorniati da ammiratori che trattengono gridolini di giubilo solo per non rovinare il loro aplomb.
Quello che frequento io non è così.
Una cubetto di mattoni in riva al lago, ingombro di carte e di mobilia di recupero è tutto quello che ci è concesso. Anche in tema di servizi, nel senso proprio del bagno, siamo a livelli rudimentali: un parallelepipedo di plastica posticcio, illuminato da una minuscola finestrella, contiene un piccolo lavandino e un cesso alla turca. La circostanza che sia sollevato da terra, unita al fatto che lo scarico è costituito da un tubo di plastica bianco, fa in modo che il buco della turca risulti essere uno dei punti più luminosi dell'intero ambiente. E pisciare nella luce è un'esperienza quasi metafisica.

lunedì 14 dicembre 2009

Winter cup, seconda puntata (Regata di S. Lucia)

L'inverno non è ancora ufficialmente cominciato, il freddo invece sì, e così l'aggettivo winter è in qualche modo rispettato. Anche la data, una volta tanto, corrisponde e ciò infonde pace all'animo.
Quello che non infonde pace è il vento: capriccioso e ballerino, promette di sottoporre il sistema nervoso ad una dura prova. Navigare con vento forte può essere difficile, faticoso, magari pericoloso, ma non è psicologicamente impegnativo quanto farlo con vento incostante. Sembra di camminare sulle uova e qualsiasi cosa si faccia si ha la sensazione che sarebbe stato meglio fare l'opposto. O forse sarebbe stato davvero meglio fare l'opposto e sono io che sbaglio costantemente tutte le decisioni.
Cominciamo subito con lo sbagliare la partenza: per la paura costante di essere in ritardo mi trovo sulla linea di partenza troppo presto e devo sfilare verso la boa quando avrei preferito partire vicino alla barca comitato, poi facciamo una serie di virate per correre dietro a degli "scarsi" e dei "buoni" del vento che si rivelano di durata troppo breve per essere significativi. Ultimi alla boa di bolina, morale a terra. Giriamo la boa, issiamo lo spi e cominciamo mestamente a scendere il vento che comincia a fare il bravino e a limitare le bizze. Quelli immediatamente davanti a noi litigano con lo spi, fanno fatica a tenerlo gonfio, e un po' alla volta guadagnamo terreno. Giriamo la boa di poppa immediatamente dietro di loro e li passiamo mentre faticano ad ammainare lo spi. Bolina senza emozioni, poppa tranquilla e tagliamo il traguardo penultimi, anche se dire quarti farebbe più figo.
Seconda prova con vento finalmente sostenuto. Partiamo bene, per i nostri standard, ci ritroviamo in terza posizione. La gara non è competitivamente avvincente: il gruppo è sgranato e non ci sono incroci al cardiopalma, probabilmente guadagnamo un po' rispetto a chi sta dietro e perdiamo dai primi, ma non è facile rendersene conto prima dell'arrivo in boa. Su spi e si scende in fil di ruota a posizioni invariate. Ammainiamo con calma, ben prima della boa, strambiamo a velel bianche e ci avviciniamo al palloncione arancio. Dal nulla sbuca una star e gli andiamo addosso. No, non credo che le cose siano andate esattamente così, però, davvero, nella concitazione del momento non ho capito bene cosa sia successo. Piccolo scambio di improperi, ma visto che le barche ancora galleggiano ci rimettiamo in assetto per raggiungere la boa di bolina. Un paio di bordi senza storia e chiudiamo terzi.

Ecco, quel "senza storia" non è esatto. Una storia, in barca, c'è sempre: fatta di onde, di vento e di spruzzi d'acqua, di cose capite e di altre che si pensava di aver capito e invece, di fiducia e di scazzi. Ma per raccontarle come si deve bisogna essere un po' più bravi di così.

Impareremo anche quello.

sabato 5 dicembre 2009

giovedì 3 dicembre 2009

Marketing

A pensare male si fa peccato, ma il più delle volte si indovina.
Alla luce di questa considerazione, comincio a pensare che tutti i call center che mi chiamano a casa, e che sostengono di stare cercando altre persone, non sbaglino numero (se così fosse si limiterebbero a scusarsi urbanamente, non proseguirebbero imperterriti con l'illustrazione della loro "imperdibile" offerta) ma abbiano solo trovato un modo furbetto per aggirare le normative sulla privacy.
In qualsiasi caso, che peste li colga.

mercoledì 2 dicembre 2009

martedì 1 dicembre 2009

Metereologia

Diciamocelo: un temporale con lampi, tuoni e grandine non è una cosa molto frequente, in dicembre...