lunedì 25 giugno 2012

Conservazioni

Ma il gorgonzola potrà mai andare a male?

lunedì 18 giugno 2012

Provocazione

Leggo, su Repubblica.it, che un sottosegretario al ministero dell'economia (si meritano, lui e il suo ministero, tutte le minuscole del mondo) avrebbe proposto, come sistema a breve termine per salvare l'economia del nostro paese, di rinunciare a sette giorni di ferie. A gratis, bene inteso.
Indeciso tra il ridere e il vomitare, faccio alcune considerazioni in merito:
  1. Nell'articolo si dice che stiamo vivendo "sopra i nostri mezzi". Se l'obiettivo è tornare a una forma di pareggio, non vedo come rinunciare a sette giorni di riposo possa aumentare i miei mezzi. Però forse mi riduce la vita, quindi probabilmente i conti tornano lo stesso.
  2. Se lavoro sette giorni in più in modo gratuito io faccio un regalo al mio datore di lavoro. Come una cosa del genere possa andare a vantaggio della collettività è per me un mistero: di imprenditori pronti a scappare con il malloppo ne abbiamo visti all'opera fin troppi.
  3. Sempre in merito al pareggio entrate - uscite, pare che questo non sia raggiungibile diminuendo le uscite perché questo porterebbe al collasso del sistema. In parole povere, se io spendo più di quel che guadagno non posso decidere di spendere meno ma sono obbligato a guadagnare di più. Questo, almeno, all'interno di questo sistema. Forse è il caso di cominciare a pensare di cambiare il sistema.

Memorial Pasqualin (Aquafresca 17/06/2012)

Il pargolo fa l'attore, quindi è abituato allo stress e all'ansia che precedono uno spettacolo, dice anche di riuscire a trovare piacevoli quelle emozioni intense.
Una regata non è esattamente una rappresentazione teatrale, ma credo che l'ansia e lo stress che generano siano simili, però, a differenza di mio figlio, non sono ancora riuscito ad abituarmici e non mi sembrano piacevoli (perlomeno sul momento, a posteriori siconosco che fanno sentire molto "vivi") e quindi, in aggiunte alla situazione in sè, mi devo sopportare anche i sorrisini di superiorità dell'ingrata prole.
Oltre alle consuete preoccupazioni, stavolta c'era anche il fatto di aver dimenticato di montare il segnavento in testa d'albero prima di rizzarlo al suo posto, si rendeva necessaria la scomoda arrampicata (in realtà più passiva che attiva: si viene issati in cima all'albero tirati dalla drizza randa alata vigorosamente dall'equipaggio) sul lungo e oscillante palo d'alluminio. In qualità di componente più leggero dell'equipaggio, l'incombenza è toccata a me. Se si riesce a resistere alla tentazione di guardare in basso, non è neppure completamente spiacevole.
Preparata a modino l'imbarcazione è tempo di gettarsi nella mischia: dopo alcune incertezze del comitato di regata, dettate dalla capricciosità del vento, partiamo per la prima prova. Bolina piuttosto scadente, lato di poppa veramente fantastico, seconda bolina piuttosto disastrosa e seconda poppa incredibilmente bella. Un quarto posto con grande distacco dal terzo e poco dal quinto, coerente con le nostre potenzialità ma raggiunto in modo abbastanza inusuale: di solito andiamo meglio di bolina che di poppa. Decidiamo che accorgimenti utilizzare per migliorare le andature strette ed arriva la partenza della seconda prova. Gli accorgimenti funzionano, la bolina migliora decisamente, la poppa continua ad essere una cavalcata trionfale (per i nostri standard, ovviamente) e terminiamo la prova... quarti. Ma stavolta vicinissimi ai terzi e a notevole distanza dai quinti, e non è cosa da poco.
Terza prova a metà tra le altre due: non entusiasmante come la seconda ma neppure deprimente come la prima (avere una barca che ti sfila sottovento e che poi, senza cambiare mura, riesce a stringere a portarsi sopravvento davanti è davvero deprimente, credetemi) e chiudiamo quarti, per un quarto posto finale.
Che dire... Siamo contenti. Come equipaggio, più o meno stabile nelle ultime tre regate, abbiamo trovato un buon affiatamento e una discreta sincronizzazione, le manovre riescono piuttosto precise, abbiamo imparato a fidarci delle intuizioni tattiche di Simone e il clima in barca è decisamente positivo. Ecco: raccontare davvero bene cosa voglia dire, a livello emotivo, far parte di un buon equipaggio è impresa difficile, al di là delle mie capacità di narratore, ma è una sensazione forte di legame e condivisione, di fiducia e di rispetto. La cosa divertente, paradossale e in fondo molto zen, è che quando si stabilisce quel clima, il risultato sportivo, il fatto di vincere o no, passa quasi in secondo piano; ma i risultati, invariabilmente, arrivano. Magari saranno solo un migliorarsi, se non proprio vincere (anche perchè, purtroppo, per vincere nel nostro sport è necessario spendere, e noi di soldi non ne abbiamo), ma arrivano.

venerdì 15 giugno 2012

Sewing machine

Orbene: che mia madre mi telefoni per dirmi che vuole cambiare la sua vecchia macchina per cucire, ereditata dalla suocera, e mi chieda se voglio tenerla io, non è poi così strano, ma se poi aggiunge "a tua sorella non lo chiedo nemmeno, che lei non è nemmeno capace di usarla" si potrà capire come, nella mia famiglia, la distinzione tra lavori maschili e femminili sia sempre stata particolarmente ondivaga.

giovedì 7 giugno 2012

Considerazioni

A mio parere, se una persona che si viene a trovare nella condizione di fare da mediatore tra due gruppi contrapposti, alla fine riceve attestati di stima da entrambe le parti, vuol dire che è stata estremamente brava.
Secondo me, eh.

martedì 5 giugno 2012

Imposizioni dolci

Sono, lavorativamente parlando, piuttosto fortunato. Non solo lavorativamente, ma questo porterebbe ad allargare troppo il discorso, per cui sorvoliamo.
Nello specifico non devo "timbrare il cartellino", cosa che, nella sua banalità, mi è sempre sembrata una imposizione simil feudale; quindi, in teoria, potrei arrivare al lavoro con tutta calma.
Il problema è che se arrivo in ritardo il parcheggio gratuito è già pieno, e quello a pagamento costa quasi dieci euro al giorno.
Non sono mai stato così mattiniero in tutta la mia carriera lavorativa.

lunedì 4 giugno 2012

Tecnologia avanzata

Il mio telefonino mi conosce bene, a quanto pare: nel suo T9 non esiste la parole "stirare"