lunedì 18 giugno 2012

Memorial Pasqualin (Aquafresca 17/06/2012)

Il pargolo fa l'attore, quindi è abituato allo stress e all'ansia che precedono uno spettacolo, dice anche di riuscire a trovare piacevoli quelle emozioni intense.
Una regata non è esattamente una rappresentazione teatrale, ma credo che l'ansia e lo stress che generano siano simili, però, a differenza di mio figlio, non sono ancora riuscito ad abituarmici e non mi sembrano piacevoli (perlomeno sul momento, a posteriori siconosco che fanno sentire molto "vivi") e quindi, in aggiunte alla situazione in sè, mi devo sopportare anche i sorrisini di superiorità dell'ingrata prole.
Oltre alle consuete preoccupazioni, stavolta c'era anche il fatto di aver dimenticato di montare il segnavento in testa d'albero prima di rizzarlo al suo posto, si rendeva necessaria la scomoda arrampicata (in realtà più passiva che attiva: si viene issati in cima all'albero tirati dalla drizza randa alata vigorosamente dall'equipaggio) sul lungo e oscillante palo d'alluminio. In qualità di componente più leggero dell'equipaggio, l'incombenza è toccata a me. Se si riesce a resistere alla tentazione di guardare in basso, non è neppure completamente spiacevole.
Preparata a modino l'imbarcazione è tempo di gettarsi nella mischia: dopo alcune incertezze del comitato di regata, dettate dalla capricciosità del vento, partiamo per la prima prova. Bolina piuttosto scadente, lato di poppa veramente fantastico, seconda bolina piuttosto disastrosa e seconda poppa incredibilmente bella. Un quarto posto con grande distacco dal terzo e poco dal quinto, coerente con le nostre potenzialità ma raggiunto in modo abbastanza inusuale: di solito andiamo meglio di bolina che di poppa. Decidiamo che accorgimenti utilizzare per migliorare le andature strette ed arriva la partenza della seconda prova. Gli accorgimenti funzionano, la bolina migliora decisamente, la poppa continua ad essere una cavalcata trionfale (per i nostri standard, ovviamente) e terminiamo la prova... quarti. Ma stavolta vicinissimi ai terzi e a notevole distanza dai quinti, e non è cosa da poco.
Terza prova a metà tra le altre due: non entusiasmante come la seconda ma neppure deprimente come la prima (avere una barca che ti sfila sottovento e che poi, senza cambiare mura, riesce a stringere a portarsi sopravvento davanti è davvero deprimente, credetemi) e chiudiamo quarti, per un quarto posto finale.
Che dire... Siamo contenti. Come equipaggio, più o meno stabile nelle ultime tre regate, abbiamo trovato un buon affiatamento e una discreta sincronizzazione, le manovre riescono piuttosto precise, abbiamo imparato a fidarci delle intuizioni tattiche di Simone e il clima in barca è decisamente positivo. Ecco: raccontare davvero bene cosa voglia dire, a livello emotivo, far parte di un buon equipaggio è impresa difficile, al di là delle mie capacità di narratore, ma è una sensazione forte di legame e condivisione, di fiducia e di rispetto. La cosa divertente, paradossale e in fondo molto zen, è che quando si stabilisce quel clima, il risultato sportivo, il fatto di vincere o no, passa quasi in secondo piano; ma i risultati, invariabilmente, arrivano. Magari saranno solo un migliorarsi, se non proprio vincere (anche perchè, purtroppo, per vincere nel nostro sport è necessario spendere, e noi di soldi non ne abbiamo), ma arrivano.

2 commenti:

  1. "Decidiamo che accorgimenti utilizzare migliorare le andature strette ed arriva la partenza della seconda prova" presumo manchi un "per" ... comunque lo rilancio lo stesso (poi magari mi spieghi in privato quali sono questi accorgimenti!)

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    1. oppsss, vero. corretto. se vuoi te lo spiego anche in pubblico: si tratta di andare più veloci e con un angolo migliore

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